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Lo straniero senza nome: violenza d’obbligo

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A rivedere un film come “Lo straniero senza nome (High Plains Drifter)”, western del 1973 ci si chiede se il messaggio fosse “maschilista e violento è bello”. Nell’ottica di femminicidi e stupri, da paura. A rivedere un film come “Lo straniero senza nome (High Plains Drifter)”, western del 1973 ci si chiede se il messaggio fosse: “maschilista e violento è bello”. Bello e straniero Clint Eastwood, conosciuto - anche - come un regista che “ama le donne”, i film teneri e sentimentali. Prendo ad esempio quello che ha fatto tremare il cuore di tante donne: “I ponti di Madison County (The Bridges of Madison County) del 1995, decisamente romantico, diretto ed interpretato da Clint Eastwood con Meryl Streep. Forse, però, per essere “Macho e western”, occorre dimenticare l’idea che il “gentil sesso” vada trattato con gentilezza, certamente non violentato e presentato - anche - come facile a dire di no, mentre vuole dire sì. La canzoncina: “può la bocca dire no, ma lo sguardo dice sì…” l’abbiamo sentita più volte nei casi di violenza carnale, assieme alla scusa del: “dopo tutto se l’è voluta”, sussurrata - anche - da alcune donne, o a quella: “indossava i jeans, se non avesse voluto…” Si sa che i jeans fungono da cintura di castità. Difatti, (siamo al febbraio 1999), al tempo ci pensò la Cassazione a rinverdire il vecchio concetto del "ci stava" in una sentenza con cui venne annullata la condanna a due anni e dieci mesi decisa dalla corte d'Appello di Potenza contro Carmine C., 45 anni, istruttore di guida, portato in tribunale da una ragazza di 18 anni, Rosa. La giovane si era opposta o no con tutte le sue forze al violentatore? Chiaramente no, visto che lo stupratore era riuscito a sfilarle. Dunque la ragazza "ci stava", era "consenziente". Quindi non è stata stuprata. Lo sanno tutti, scrissero ancora i giudici, come sia un "dato di comune esperienza": É impossibile sfilare i jeans se la vittime si oppone "con tutte le sue forze". Ma torniamo al film. Lo straniero giunge in città, bello (e dannato), viene avvicinato da una pulzella (chiaramente - anche lei - se l’è voluta), non timida e pudica, ma sfacciata e un po’ offensiva. Il macho resiste (sigaro in bocca), però poi (si sa, la pazienza ha un limite), decide di “darle una lezione”, per cui la trascina in un fienile (una delle poche costruzioni del film decisamente squallido come scenografia), la getta a terra e la violenta. Sì: la violenta. Ma, diciamocela tutta: le finge di essere arrabbiata perché “puttana gli è”. per cui si gode tutto fingendo sdegno. Il gentiluomo tira fuori l’arnese del mestiere (no, non la pistola), fiero che sia pronto all’uso e dopo la ragazza la lascia a terra. Non ci sono in giro bagno (siamo nel vecchio west), per cui, più sporco di quando è arrivato al paese, continua la sua giornata. A proposito del significato intrinseco dell’atto di violenza sessuale, riferito in modo soggettivo alla mentalità maschile Jean-Claude Chesnais afferma: - “A motivo della percezione soggettiva dell’atto sessuale, che per il maschio è fonte di piacere e come tale viene inteso eviden¬temente possa essere anche per la donna che vi partecipa; si desume che effettivamente lo stupratore che abbia «soltanto» imposto con la forza e senza percosse, la consumazione di un atto sessuale ad una donna reticente o non pienamente coinvolta, non senta su di sé alcuna colpa ma al contrario la rigetti sull’elemento femminile che turba le coscienze e poi si trincera su inammissibili posizioni di rifiuto”.- Prima del 1996 (!) tutte le donne che hanno subito violenza non sono state in grado di difendersi legalmente com’è possibile invece oggi, laddove la normativa ha introdotto un’importantissima modifica: la violenza sessuale non è più classificata difatti tra i reati contro la moralità pubblica, ma contro quelli che colpiscono la libertà personale. Il film è del 1973. Ci vorranno 23 anni. Rientrando in tema celluloide, di donne in giro, in altre scene, solo comparse. Tranne un’altra, moglie “perbenissimo”, che sin dall’arrivo del macho si vede chiaramente che “finge di essere irritata con lui”, ma in effetti (si sa, la donna dice sì anche se fa un “tantinello” la scorbutica), verso la fine del film, (prima che scoppino dinamite e fucilate), viene ambiguamente trascinata in camera da letto dallo straniero (che intanto, tra una pistolettata e l’altro ha trovato il modo di lavarsi in una tinozza), soltanto per schernirla: lui non avrebbe tempo, lei si sa, vorrebbe avere un rapporto con l’uomo misterioso, difatti eccola finire con lui a letto (il cowboy si è tolto il sigaro di bocca), perché evidentemente non cercava altro. Due protagoniste femminili con una personalità decisamente poco da elogiare. Di altre donne, dicevamo, s’intravedono solo comparsate. Quindi? L’universo femminile di questo film del 1973 è rappresentato da una donna di facili costumi (apertamente) e una moglie con tendenze alla libidine con stranieri. Belli, sì, ma anche omicidi. Desidero ricordare in merito agli stupri, che siano o no di gruppo, l’avvocato Tina Lagostena Bassi (Milano, 2 marzo 1926 -Roma, 4 marzo 2008), in quanto divenuta nota nei tribunali italiani come uno dei principali e più agguerriti avvocati per la difesa dei diritti delle donne. Determinata più che mai quando difese i diritti di Donatella Colasanti (morta a soli 47 anni), contro Angelo Izzo nel processo sul Massacro del Circeo, e della vittima di stupro nel primo Processo per stupro a essere filmato e mandato in onda dalla RAI. Gli altri, “quelli finti” li ritroviamo nei film. Abbondano. Cosa pensa il cowboy rubacuori novantenne delle donne? Nato il 31 maggio 1930 a San Francisco ha al suo attivo una lunghissima successione di amori, due matrimoni conclusisi da altrettanti divorzi, una convivenza finita con una rottura milionaria e otto figli (di cui una riconosciuta oltre vent'anni dopo la nascita). Insomma, si direbbe che gli piacciano. Bianca Fasano Storia della violenza in Occidente dal 1800 a oggi. Laffont, Parigi, 1981, Ed. it. Longanesi,. 1982.

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